“Domani è troppo tardi”, ma forse è tardi già oggi: prendersi cura di un mondo sempre più malato è ormai indispensabile. Nell’ambiente che viviamo, e che stiamo rendendo via via più inospitale, i modi per correggere la nostra incuria e indifferenza, ancorché tardivamente comprese, ci sono, ma richiedono comportamenti sempre più accorti e da praticare con urgenza sempre maggiore.
Tali comportamenti possono essere perseguiti anche con il contributo della cultura e della scienza orientando idee, suggerimenti, progetti e prodotti. In particolare, la cultura visuale e le scienze grafiche devono sostenere la ricerca volta a definire i modi espressivi più adeguati alle necessità, ovvero le forme di un disegno “di emergenza” contraddistinto da contenuti non differibili, alla piccola e alla grande scala: dalla denuncia di realtà notoriamente drammatiche, all’intuizione di soluzioni immediatamente applicabili.
L’urgenza potrebbe essere per un verso il motore della rappresentazione e, per altro verso, la garanzia della sua speditezza applicativa. In entrambi i casi, la rapidità del passaggio dall’immagine alla comunicazione o all’intervento può essere di stimolo efficace al concretizzarsi del risultato. I disegni “urgenti” hanno molteplici declinazioni ma una potenzialità comune: possono essere rapidamente convertibili in azioni e in opere e possono permettere, in tempi brevi, di tradurre in scelte operative sia le riflessioni sulla contemporaneità che i programmi concepiti a favore del pianeta e dell’umanità.
È l’inemendabile realtà dei fatti del mondo, dettata dalla natura o dalla civiltà, che impone le urgenze con le quali pure i saperi del disegno dovrebbero misurarsi, per mezzo dell’interpretazione e della simulazione di proposte nell’ottica del bene comune. Ciò che occorre domandarsi è se il disegno “urgente” richiede o meno l’approfondimento, o semplicemente il recupero, di ambiti teorici e di strumenti operativi specifici, anche distanti dalle pratiche che “stagionalmente” caratterizzano gli studi di settore per tradizione di scuola, novità tecnologica o altro. Le questioni centrali sono poche. Tra i modelli visuali che stiamo realizzando oggi, quanti rispondono alle necessità esistenziali della contemporaneità? Quanti aderiscono alle condizioni effettive delle nostre vite? Quanti riescono a trasmettere verità che aprono varchi nelle situazioni di crisi? Quanti rispettano quei criteri di “adeguatezza” e di “opportunità” capaci di coinvolgere e trainare cuori e menti, affinché siano sollecitati a impegnarsi per un progresso condiviso?